Sentenza suprema corte canapa , uomo in lutto

Cassazione e canapa light – aggiornamento 4 giugno. Il punto della situazione e le iniziative

Superata l’ondata di indignazione e di franco disgusto, che era forse necessaria, è tempo di fare il punto sulla sentenza della Cassazione sulla canapa light a 5 giorni dalla sentenza. Cosa fare ora?

Il 30 Maggio la Cassazione a Sezioni Unite ha detto finalmente la sua. Aspettava la sentenza un intero settore in crescita, forse l’unico rimasto in Italia. Un settore che ha ridotto del 16% lo spaccio illegale di maria, un settore che dà lavoro a 10.000 persone e che contribuisce generosamente alla cosa pubblica con tasse e IVA.

La sentenza è arrivata ed è stata catastrofe subito. Infatti la Cassazione non solo non ha messo certezza nella regolamentazione del settore, ma se possibile ha ulteriormente e drammaticamente contribuito al risultato opposto.

Cosa fare ora? Qual è la situazione al 4 Giugno 2019?

La Cassazione e la canapa light – la sentenza

Riducendo i concetti all’osso, la Cassazione ha sancito che:

1. Infiorescenze e derivati (resine, oli, estratti, …) non possono essere venduti

…e che…

2. Infiorescenze e derivati (resine, oli, estratti, …) possono essere venduti a condizione che la quantità di principio attivo sia inferiore alla soglia drogante

E qui viene in mente l’ex presidente del consiglio Giuliano Amato:

Sa, noi giuristi viviamo di queste finezze: la distinzione fra transitorio e provvisorio è quasi da orgasmo per un giurista. Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’ “

Si possono solo fare ipotesi su cosa abbia determinato questa decisione apparentemente priva di senso. La Suprema Corte merita rispetto, quindi prima che Il Conte la definisca tipica manovra da giuristi ben navigati in perfetto stile cerchiobottista democristiano, è bene mettere alcune cose in chiaro.

Il mistero della soglia drogante

Se ne può discutere quanto si vuole, ma nell’ordinamento giuridico italiano non è definito con precisione il concetto di “soglia drogante”. Alcune sentenze della Cassazione lo menzionano, anche se la Corte non fa leggi ma solo giurisprudenza. Di conseguenza, niente vieta a forze dell’ordine particolarmente zelanti di effettuare sequestri preventivi con verbale di sequestro, e trascinare il rivenditore o il produttore alla sbarra. Dove poi dovrà convincere la corte, armato di prove, che la canapa light è sotto la soglia drogante. Nel frattempo, saranno da affrontare avvocati e spese varie.

309/90

Esiste la tabella aggiornata del decreto 309/90, che definisce la “modica quantità” di thc, e si usa come ispirazione per distinguere il consumatore (che non commette di per sé reato assumendo) dal venditore.

La tabella non risolve le cose, perchè la quantità di thc è espressa in milligrammi, non in percentuale sul grammo. Di conseguenza, alle forze dell’ordine zelanti basterà sommare la quantità che il canapa shop ha in magazzino per superare ampiamente la modica quantità e trascinare il malcapitato alla sbarra.

La “prassi” dello 0.5%

Alcuni legali ipotizzano che la “soglia drogante” sia allo 0.5% come da prassi consolidata negli ultimi anni. E’ vero, è prassi consolidata. E anche in questo caso, bisognerà convincere le forze dell’ordine che sono due anni che la soglia è allo 0.5% e che questo basta per essere sotto la famosa soglia drogante. Anche in questo caso, niente vieta alle forze dell’ordine di effettuare sequestri preventivi e trascinare il fortunello alla sbarra.

“E’ tutto come prima” No, non lo è.

In questi giorni i più ottimisti hanno fatto notare che “è tutto come prima”, il che è in parte vero e in parte no.

In parte vero, perché il settore continua a soffrire di vuoto normativo e l’unica legge significativa è la 242 integrata dalla circolare ministeriale.

In parte non lo è, perchè la sentenza della Corte ha rimesso in gioco le cose togliendo quella poca certezza che fino a pochi giorni prima teneva tutto sommato insieme il sistema.

In mancanza di certezza del diritto, le forze dell’ordine fanno ciò che ritengono giusto in base alle informazioni che hanno. Oppure in base agli ordini che ricevono dall’alto.

Il risultato: Torino, sequestrati prodotti allo 0.3% e 0.4%

Ecco il risultato: il gestore del Canapa shop, raggiunto telefonicamente da Il Conte, ha dichiarato che le forze dell’ordine sono uscite alcuni giorni prima per il campionamento delle infiorescenze in vendita.

Poco dopo, o poco prima dell’uscita della sentenza, le forze dell’ordine si sono presentate sul punto vendita e hanno sequestrato il prodotto. Alle legittime (o forse non più?) rimostranze del gestore, che ha prontamente esibito le analisi, i sequestranti hanno fatto notare che lo shop vende infiorescenze – e queste infiorescenze contengono THC, che è una sostanza illegale. Le controanalisi mostrate dagli uomini in divisa riportavano valori molto simili e in ogni caso inferiori a 0.5%. Il gestore ora andrà alla sbarra con l’accusa di spaccio di stupefacenti, reato penale.

Gli altri risultati: a Lucca e a Pietrasanta tutto in regola, con carabinieri supergentili e nessun problema di sequestro. In uno dei due shop, qualcuno in divisa si è lasciato sfuggire che non è ben chiaro perchè debbano andare a controllare i canapa shop. A Lecco nessun problema.

La situazione sembra essere a macchie di leopardo su base geografica: in alcune regioni le cose procedono come sempre, in altre c’è la caccia all’infiorescenza anche se è light.

Questa è schizofrenia e deve essere corretta.

Ora, qualcuno convinca Il Conte che è ancora tutto come prima, per favore. 

 

L’incertezza del diritto e l’importanza delle regole del gioco

Se la legge è uguale per tutti, non è ammissibile che ci siano queste monumentali disparità di trattamento. Anche se, dopotutto, una legge vera e propria, o quantomeno chiara, non c’è.

SI tratta di vuoto normativo, dal quale discende in modo inevitabile l’incertezza del diritto.

L’Italia, è noto, non è certo la patria della chiarezza e dell’onestà. E’ tuttavia anche un paese europeo; se non grande, almeno grosso. Un paese fondatore dell’unione europea, in teoria un paese dove vigono diritto e libertà di impresa.

Forse.

Perchè l’incertezza del diritto ha effetti dirompenti. Come si può essere certi di osservare le regole, se le regole non ci sono? Come si può investire in una azienda, se nessuno ha idea di cosa succederà domani, come si può fare un piano di investimenti e di sviluppo almeno a 3 anni?

E’ fondamentale che le regole del gioco ci siano e siano uguali per tutti e rispettate da tutti. E chi non le rispetta si merita un sequestro.

Come comportarsi?

La scelta di vendere o meno infiorescenze, oli, resine e derivati è in capo a ciascun gestore o proprietario in funzione della propria propensione al rischio. Poiché manca il diritto certo su cosa si può fare e cosa no, anche alla luce della recente sentenza, la valutazione è lasciata ai singoli – caso per caso. Il che significa, ancora una volta, che il sequestro e il verbale possono arrivare in qualsiasi momento, e starà all’imputato convincere il giudice.

La fortuna o la chiusura dipendono, in sostanza, da come si è alzato stamattina il carabiniere. O chi gli ha dato gli ordini. O chi ha dato gli ordini a chi gli ha dato gli ordini, che al mercato mio padre comprò.

A chi chiede come comportarsi: c’è chi non ha ancora riaperto, c’è chi ha riaperto senza fiori né estratti, c’è chi ha semplicemente aperto il negozio e se ne frega di tutto. La scelta di tenere aperto o chiuso è unicamente personale, in funzione della propria propensione al rischio.

 

Il monumentale spreco di tempo e denaro

Dall’inizio della settimana le vendite presso i canapa shop sono crollate; se il giorno stesso della sentenza e anche il giorno successivo c’è stato l’effetto abbondanza, con persone che hanno fatto grasse spese prima che fosse troppo tardi, il fenomeno è rapidamente svanito e i canapa shop sono sostanzialmente fermi. L’affitto e le bollette invece non si fermano mai.

E non è solo una questione di denaro dei canapa shop.

E’ una questione che coinvolge anche le forze dell’ordine. Queste ultime, c’è da scommetterlo, non saranno entusiaste all’idea di impiegare il loro tempo a sequestrare piante e fiori secchi recisi ricchi di CBD. Per non parlare della magistratura che dovrà gestire i processi e – nella maggior parte dei casi – assolvere l’imputato.

Il risultato è un girotondo folle intorno a un concetto: la cannabis è droga.

E grazie al cazzo che è droga: sarà sempre una droga finché continua a essere illegale.

Una pianta che cresce ovunque, che si usa per guarire, costruire, vestire e – perché no – per passare un paio d’ore di relax, non potrà continuare a essere illegale ancora a lungo.

Dire che la cannabis è una droga è affermare il falso, e ciò serve a costruire potere personale su una bugia. Il concetto si è poi ulteriormente involuto, per mano rosariata di Matteo Salvini, nel seguente concetto: se la cannabis è una droga, anche la cannabis light è una droga. Il che è un manifesto cortocircuito logico.

Cosa succederà adesso?

In generale, alle sentenze della Corte di Cassazione a sezioni unite il parlamento risponde a stretto giro con una legge, per trasformare l’indicazione in legge vera e propria.

L’intervento del parlamento è indispensabile per colmare il vuoto normativo e ripristinare ordine ed equità.

In parlamento ci sono una maggioranza e un governo non particolarmente forti né coesi, viste le recenti conseguenze dei battibecchi e delle elezioni. La canapa light non fa parte dell’accordo di governo e la debacle del M5S non aiuterà.

Cosa vogliamo?

A nessuno è mai piaciuta la Santa Inquisizione.

Il clima è sostanzialmente intimidatorio. A volte viene da pensare che ci sia una chiara intenzione da parte di pezzi della politica per evitare che il settore sia regolamentato, così che la situazione rimanga in un pericoloso limbo legale che costringa le forze di polizia a eseguire controvoglia l’ordine – politico – di spaccare le vetrine dei canapa shop.

Si, perchè non è diverso dagli anni 30: in quegli anni, le squadracce al servizio dei dittatori intimidivano i negozianti spaccando le vetrine; oggi intimidiscono i negozianti trascinandoli a giudizio sulla base di interpretazioni personali della legge, dove poi è possibile che si risolva anche tutto in niente.

Solo che nel frattempo i costi legali vanno sostenuti, e chi ha più la voglia di aprire e vendere in una situazione come questa?

Ma siamo nello Zambia, con il dovuto rispetto, o in Italia? O siamo in Tagikistan, dove per tirare a campare bisogna umiliare sé stessi e le istituzioni corrompendo la polizia?

Per questo serve niente di più e niente di meno che la regolamentazione immediata del settore, con una legge precisa che sancisca una volta per tutte diritti, doveri e limiti di tutta la filiera che opera nel settore. 

Non per difendere la canapa, quale essa sia, ma per difendere la libertà di impresa e la certezza del diritto. Nell’interesse di produttori, rivenditori, collezionisti, magistratura, forze dell’ordine e – se non fosse così maldestramente cieca – anche della politica.

Le iniziative in corso

Le iniziative in corso sono tutte da sostenere. Eccone alcune:

Canapa Sativa Italia – Class Action, raccolta dati qui

Riunione 6 Giugno a Rho (MI)

Gruppi whatsapp di coordinamento regionale

Sit-in Montecitorio 11 Giugno

 

Fly high

Il Conte

 

 

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