40 giorni sono serviti per arrivare alle motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite sulla canapa light rispetto ai 15/20 giorni di prassi.
Queste sono le motivazioni dei giudici sul tema, e la spiegazione non è delle migliori, perchè getta le basi per la fine del mercato sopra lo 0.2% (grassetto aggiunto ed esteso per chi ha difficoltà di lettura).
La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite sulla canapa, sfrondando gli orpelli chilometrici del documento in sé, ruota intorno a due concetti:
- la soglia drogante
- la 242 vale solo per gli agricoltori, e questa è la parte più spinosa
Qui le motivazioni della corte in pdf . Grazie a BeLeaf per aver pubblicato il documento per primi.
La soglia drogante
Sulla soglia drogante non ci sono novità; non è compito dei giudici deciderlo, o i giudici non vogliono assumersi la responsabilità di deciderlo, e su questo resta incertezza. E resterà ancora per molto, finchè la politica non si deciderà a fare chiarezza su quel maledetto numero.
La 242 vale solo per gli agricoltori, non per i canapa shop
La soglia dello 0.2% di THC per la canapa light è definita a livello europeo. Per proteggere i coltivatori di canapa industriale e da fibra dal rischio di essere presi e buttati in galera come pericolosi criminali coltivatori di tela in canapa, la legge 242 sancisce che la canapa in campo può arrivare fino a 0.6% di THC senza che ciò costituisca reato.
Ciò è saggio, almeno quel minimo, considerato che una buona Carmagnola può arrivare anche a 5-6% di THC in caso di condizioni meteo e climatiche superfavorevoli. La legge tutela in modo a malapena dignitoso i coltivatori, e per fortuna li tutela almeno quel minimo.
Il passaggio incriminato è questo: due anni fa, qualche azienda ha interpretato quella legge in modo permissivo, benché logico, e ha ritenuto che potessero essere vendute infiorescenze fino a 0.6% di THC.
Il che non è del tutto sbagliato, a logica: se tu Stato concedi a me agricoltore di sforare fino allo 0.6%, poi io agricoltore dovrò ben farci comunque qualcosa con quella canapa: venderla, tipo.
E da lì si è aperto il vaso di pandora dei canapa shop, che giocando su questa interpretazione della legge sono spuntati come funghi e hanno venduto a piene mani canapa giusto sotto la soglia dello 0.6%. Nemmeno coltivata, ma acquistata anche all’estero. E per un po’, tutto andò bene.
Invece, logica e ambito legislativo sono parole che non go together well, come cantavano i beatles. Infatti gli ermellini specificano con chiarezza che questa interpretazione della legge, pur presente all’interno della Suprema Corte stessa, è minoritaria in seno alla Corte e soprattutto è sbagliata.
La Cassazione infatti specifica che la legge 242 è intesa esclusivamente per gli agricoltori e non per i canapa shop.
E come ciliegina sulla torta, la sentenza specifica che sono consentite per la coltivazione solo le varietà inserite nel catalogo europeo. Che bontà, la Finola.
Fine delle genetiche più gustose
Adios, amigos.
La sentenza è chiara: in mancanza di leggi che specifichino qual è la effettiva soglia drogante, sarà possibile vendere fiori allo 0.2% facendo riferimento alla normativa europea. Questa è la nostra ipotesi, in attesa del parere dei legali del settore. (enfasi aggiunta per chi ha difficoltà di lettura)
Chi vorrà continuare a vendere fiori fino allo 0.5% lo farà a suo rischio e pericolo e soprattutto, a fronte delle inevitabili denunce per detenzione e spaccio che arriveranno al primo controllo di agenti zelanti, dovrà dimostrare davanti al giudice che il prodotto in vendita è sotto la soglia drogante.

In bocca al lupo, come dire.
E’ il caso di stare con le mani in mano?
Eh no che non è il caso. E’ tempo di un referendum per legalizzare tutta la cannabis. Perchè questo scempio non solo deve essere fermato: bisogna far capire alla politica che siamo tanti, siamo forti, la Storia è con noi, e che santo iddio abbiamo il diritto a coltivare, checchè ne dicano i ministri, la maggioranza, l’opposizione e gli ermellini.
Fly high!
Il Conte